La giornata tipo di Napoleone a Sant’Elena nel 1818: vita, abitudini e riflessioni dell’Imperatore in esilio

La giornata tipo di Napoleone a Sant’Elena nel 1818: vita, abitudini e riflessioni dell’Imperatore in esilio


Napoleone detta le sue memorie


Come trascorreva le sue giornate Napoleone Bonaparte nel 1818, quando l’esilio a Sant’Elena era ormai entrato nella fase più dura? La vita dell’Imperatore, un tempo scandita da campagne militari, decisioni politiche e incontri diplomatici, si era trasformata in un rituale lento e controllato. Eppure, anche in quell’angolo remoto dell’Atlantico, Napoleone riuscì a conservare una disciplina interiore e una routine personale sorprendentemente complessa.

Ricostruire la sua giornata significa entrare nell’intimità di Longwood House, la residenza umida e malsana che il governatore Hudson Lowe gli assegnò nel 1816. Le testimonianze più precise ci arrivano dal generale Charles-Tristan de Montholon, da Emmanuel de Las Cases, da Gourgaud e dal valletto Marchand, punti di riferimento indispensabili per gli studiosi. Tra i testi più completi ricordiamo le “Mémoires de Las Cases” e il fondamentale “Journal de Marchand”.

Questo articolo ripercorre una giornata tipo dell’Imperatore nel 1818, quando la salute iniziava a declinare e la tensione con l’autorità britannica era costante.


🌅 Mattina: il risveglio e il rituale della lettura

Napoleone si svegliava generalmente tra le 6:30 e le 7:00. Non amava alzarsi presto a Sant’Elena: l’umidità, il vento e la muffa di Longwood gli rendevano il risveglio faticoso, soprattutto a causa dei dolori allo stomaco che iniziavano a diventare frequenti.

La prima attività della giornata era quasi sempre la lettura. Sul piccolo tavolo accanto al letto teneva una selezione di libri: classici greci e latini, testi di storia antica, Plutarco, Ossian, ma anche trattati di geografia e di agricoltura. La lettura costituiva per lui un modo per mantenere viva la mente e sfuggire alla monotonia dell'isola.

Talvolta si dedicava anche alla revisione di documenti personali, come il “Memoriale” o le note sulla sua carriera. Diceva spesso ai suoi fedeli compagni:

«Se il destino ha voluto farmi un prigioniero, mi resta almeno il regno del pensiero.»

Nelle ore del mattino, inoltre, Napoleone aveva l’abitudine di bere una tazza di tè caldo e talvolta, se il clima lo permetteva, si sedeva presso una delle finestre per osservare la brughiera che circondava Longwood.


📝 Le dettature: Napoleone “scrittore di sé stesso”

Dopo la lettura, iniziava una delle attività più importanti della sua giornata: la dettatura delle memorie. Era questa la fase in cui l’Imperatore costruiva consapevolmente la sua leggenda, correggendo, modulando, interpretando le vicende della sua vita e del suo regno.

In genere convocava Montholon, Las Cases (prima del suo allontanamento forzato nel 1816) o Gourgaud. Le dettature potevano durare due o tre ore consecutive e trattavano gli argomenti più vari:

È in questa parte della giornata che Napoleone si animava di più. Parlava con energia, gesticolava, ricostruiva manovre militari con penne e forchette, come se la campagna fosse ancora in corso. Montholon ricorda:

«In quei momenti Longwood spariva e davanti a noi si aprivano le pianure d’Europa.»

Le dettature erano anche un modo per dare una forma storica e politica alla propria memoria. Non un semplice racconto, ma una strategia: quella di consegnare ai posteri la sua versione dei fatti.


🍽️ Il pranzo: un momento di socialità forzata

Il pranzo, servito intorno alle 13:00, era spesso il momento più “sociale” della giornata, anche se l'atmosfera era tutt’altro che allegra. La cucina di Longwood era rinomata per la sua mediocrità: carne dura, verdure scarsissime, pesce che arrivava raramente.

Napoleone mangiava poco, spesso solo un piatto di carne o un brodo. Durante il pranzo si parlava di politica, storia antica, aneddoti di corte, o degli ultimi conflitti con il governatore Lowe, di cui l’Imperatore non perdeva occasione per lamentarsi. La sua insofferenza verso la sorveglianza britannica era uno dei temi costanti delle conversazioni.

Malgrado ciò, la sua educazione e il suo spirito rimanevano intatti. Montholon afferma:

«Anche nell’esilio, Napoleone era sempre Napoleone: misurato, brillante, persino affascinante.»

🚶‍♂️ Il pomeriggio: passeggiate e sorveglianza britannica

Dopo il pranzo, intorno alle 14:30, Napoleone si dedicava a quelle che chiamava le sue “marce forzate”. Si trattava di passeggiate più o meno lunghe, sempre accompagnato da un ufficiale britannico che aveva il compito di non perderlo mai di vista.

La relazione con la guarnigione inglese era complessa: alcuni ufficiali si dimostravano cortesi, altri rigidi. Le restrizioni imposte da Lowe erano severe: Napoleone poteva allontanarsi solo in aree delimitate, e ogni spostamento doveva essere registrato.

Durante le passeggiate, l’Imperatore si soffermava spesso a osservare:

  • i lavori agricoli dell’isola,
  • la vegetazione tropicale,
  • il mare, che vedeva come una barriera invalicabile,
  • i forti britannici sparsi sulla costa.

Camminava con passo veloce, le mani dietro la schiena, parlando talvolta del passato, talvolta del futuro dell’Europa. Diceva spesso:

«Non vedrò il futuro, ma lo immagino.»

📚 Tardo pomeriggio: studio, scacchi e conversazioni

Rientrato a Longwood, Napoleone dedicava un paio d’ore allo studio o agli scacchi, gioco che apprezzava molto per la sua dimensione strategica. Giocava con Montholon, con Gourgaud o con O’Meara, il suo medico irlandese, fino al 1818.

Era anche il momento delle conversazioni più intime, in cui parlava della sua giovinezza in Corsica, di sua madre Letizia, del fratello Lucien, della campagna d’Egitto e della sua visione dell’Europa. Queste conversazioni furono spesso annotate con precisione dai suoi compagni e costituiscono oggi una fonte preziosa.

Quando il clima era buono, usciva brevemente nel cortile di Longwood, passeggiando tra le pozzanghere e il fango. L’isola, battuta dai venti, era spesso avvolta da nuvole basse che rendevano il paesaggio malinconico.


🍷 Cena e serata: l’Imperatore oratore

La cena era servita tra le 19:00 e le 20:00. A tavola, Napoleone diventava un narratore straordinario. Raccontava episodi delle campagne, scherzava, analizzava gli errori dei nemici, rievocava l’epoca del Consolato, commentava personaggi come Fouché, Talleyrand, Ney, Murat, Soult.

È a tavola che emergeva il Napoleone uomo, ironico, colto, a tratti malinconico. Gli ufficiali notarono che nel 1818 era più cupo rispetto agli anni precedenti: l’isolamento, la salute precaria e il clima ostile avevano iniziato a intaccare il suo spirito.

Dopo cena leggeva ancora, spesso fino a mezzanotte. Talvolta passeggiava nella sua stanza, altre volte chiedeva di essere lasciato solo. Longwood, di notte, diventava un luogo silenzioso, rotto unicamente dal vento e dai rumori degli insetti tropicali.


🌙 Una notte inquieta

Il sonno di Napoleone era leggero. Si svegliava spesso per i dolori gastrici o per il rumore del vento contro le assi di Longwood. Montholon descrive una delle sue notti tipiche:

«L’Imperatore si rigirava nel letto, pensieroso. Non pronunciava mai la parola ‘sconfitta’. Parlava invece di destino.»

La sua giornata si chiudeva così: tra ricordi gloriosi e un presente angusto, tra la disciplina del pensiero e la consapevolezza della fine.


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📚 Per approfondire

Un articolo a cura di Antonio Grillo – Aquila1769.

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