lunedì, novembre 24, 2025

Mi chiamo Napoleone Bonaparte

 

«Sono Napoleone Bonaparte. Ho 14 anni e sogno un destino più grande per la mia isola»

napoleone brienne


Mi chiamo Napoleone di Buonaparte e ho quattordici anni.
Scrivo queste righe dalla Scuola Militare di Brienne-le-Château, nel cuore della Champagne.
Sono arrivato qui quattro anni fa, il 15 maggio 1779, ma non sono francese.
Io sono corso.

Corso per nascita, per sangue, per memoria.
Francese soltanto per necessità… e per destino.

Ogni sera, quando il vento taglia come una lama e la campana richiama al silenzio, torno con la mente alla mia isola. Sento il profumo dei gelsi, delle erbe selvatiche, il fruscio delle onde sul porto di Ajaccio. La Corsica è un'isola dura, fatta di pietre e orgoglio. Mi manca infinitamente, anche se non lo ammetto mai ad alta voce.

Mi manca la mia infanzia.
Mi manca la mia famiglia.
Mi manca perfino il suono del dialetto, quel miscuglio aspro e melodioso che qui non capisce nessuno.

La mia nascita irrequieta

Mia madre, Letizia Ramolino, dice che ero irrequieto già prima di nascere.
Lei sostiene – e non mente mai – che ebbi fretta di venire al mondo.

Era il 15 agosto 1769, e lei era in chiesa. Le presero le doglie in mezzo alla funzione e dovette correre a casa. Raccontano che non fece nemmeno in tempo a sdraiarsi sul letto: io ero già nato.

Così vengo al mondo: di corsa.
Ed è così che spesso vivo: con la sensazione che il tempo mi scivoli dalle mani, che ogni istante sia una battaglia da non perdere.

Ricordi della mia casa

Ricordo bene Camilla, la mia balia, e Saveria, la domestica.
Mi volevano bene, mi proteggevano, mi coccolavano.

Saveria diceva sempre:

«Questo bambino ha un fuoco dentro. Non starà mai fermo.»

Aveva ragione.

Sono cresciuto in una casa semplice, piena di voci, fratelli, sorelle, piatti da rammendare, pentole sul fuoco. Mia madre non si fermava mai: si alzava all'alba e andava a dormire chissà quando. Ora che ci penso, non l’ho mai vista ridere. Mai una volta.

La figura di mio padre Carlo era diversa: lontana, distratta, spesso assente per i suoi affari e per i rapporti con i francesi, che io allora detestavo.

Tra tutti, quello che mi manca di più è mio fratello Giuseppe.
Giocavamo insieme, io lo prendevo in giro, poi scappavo e lui non riusciva mai a prendermi.

L’arrivo in Francia

Sono un corso che frequenta una scuola francese.
È strana la vita.
Strano il destino.

I francesi ci hanno tolto la libertà e io li detesto.
Eppure è la loro scuola che potrebbe aprirmi un futuro.

Quando arrivai qui, non sapevo nemmeno parlare la lingua.
Mi mandarono prima ad Autun per imparare il francese.
Di quel periodo ricordo solo il freddo e l’umidità… e il fatto che almeno c’era Giuseppe.

Poi fui ammesso a Brienne.

Brienne: tra solitudine e disciplina

Qui a Brienne non ho molti amici.
Preferisco stare solo: cammino molto, penso, studio, leggo, sogno.
Il mio accento corso è forte, e i compagni lo usano come un’arma per schernirmi.
All’inizio fu duro: mi prendevano in giro, mi facevano scherzi, ridevano di me.
Io avrei voluto reagire, ma quasi sempre mi trattenevo.

Poi, lentamente, cominciarono a rispettarmi.

Forse perché sono ostinato, perché non mi piego, perché faccio capire che posso sopportare tutto… e restare in piedi.

La mia vocazione militare

A Brienne ho scoperto una cosa:
non sono portato per la vita comoda.

Mi attirano la storia, le mappe, l’artiglieria.
Passo ore nella biblioteca, studiando Cesare, Annibale, Federico II.
Quando leggo Plutarco, mi sembra di sentire un richiamo:
come se una voce mi dicesse che anche io sono nato per compiere qualcosa di grande.

Non so cosa.
Ma lo sento.
Lo avverto ogni notte, quando tutti dormono e io resto sveglio a pensare.


NOTE STORICHE (inserite come approfondimento SEO e valore accademico)

Molti passaggi della mia vita sono raccontati da storici e biografi illustri:


RIFLESSIONE FINALE – 14 ANNI E UN DESTINO

A volte mi chiedo perché sono qui.
Perché un ragazzo corso, povero, orgoglioso, pieno di fuoco dentro, debba vivere in una scuola dove nessuno parla la sua lingua.

Forse è così che si forgiano i destini.
Forse bisogna sentirsi stranieri per imparare a comandare.
Forse è necessario essere soli per capire chi siamo davvero.

Mi manca la mia isola, sì.
Ma dentro di me cresce un’idea:
diventare qualcuno.
Diventare un uomo che lascia un segno.
Diventare Napoleone Bonaparte.


POST-SCRIPTUM (PERSONAL BRANDING – ANTONIO GRILLO)

Questo testo è tratto dal mio progetto di divulgazione storica curato da Antonio Grillo – Aquila1769, creatore del canale YouTube Napoleone1769, dove racconto la vita dell’Imperatore con un taglio narrativo, umano e rigorosamente documentato.

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