La Battaglia di Eylau: Sangue nella Neve — Il Giorno in cui la Guerra Guardò negli Occhi Napoleone
L’8 febbraio 1807 il mondo conobbe uno dei suoi giorni più tetri.
L’Europa era intrappolata nelle spire delle guerre napoleoniche e, nella gelida pianura della Prussia Orientale, il campo attorno a Preußisch Eylau — l’attuale Bagrationovsk — divenne teatro di una carneficina che sconvolse perfino la mente lucidissima di Napoleone Bonaparte.
Non fu soltanto una battaglia.
Fu un urlo nel silenzio dell’inverno, un gigantesco vortice di neve, fango e sangue che inghiottì più di 40.000 uomini in meno di ventiquattr’ore.
Fu il primo vero scontro in cui l’Imperatore comprese di non essere invincibile.
Fonti contemporanee, come il Mémorial di Las Cases¹ e gli studi moderni di storici quali Dominic Lieven² e David Chandler³, collocano Eylau tra le battaglie più crude dell’intera età napoleonica. Ed è significativo che persino Napoleone — uomo avvezzo a vedere la morte da vicino — rimase sconvolto dalla brutalità di quel giorno.
L’Inverno Russo: Un Nemico Invisibile
Per comprendere Eylau bisogna partire dal contesto.
L’esercito francese è in campagna da mesi. Le marce forzate nell’Est europeo, la mancanza di vettovaglie, le distanze immense e la crudeltà del clima minano la resistenza dei soldati.
L’inverno del 1807 è ricordato dalle fonti come uno dei più rigidi dell’epoca.
Le cronache militari riportano che la temperatura oscillava ben sotto zero, con nevicate così fittissime da cancellare intere brigate alla vista. Il generale russo Levin August von Bennigsen — esperto, tenace, consapevole del vantaggio climatico — sceglie di affrontare Napoleone proprio lì, nel gelo che aveva accompagnato le armate degli zar fin dai tempi di Pietro il Grande.
È il preludio perfetto alla tragedia.
Gli Schieramenti: Due Giganti di Fronte
Le forze russe
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circa 50.000 uomini
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posizionati tra i villaggi di Serpallen e Schmoditten
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supporto di una solida artiglieria e linee difensive efficaci
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un comandante deciso: Bennigsen, veterano della guerra contro gli Ottomani
Le forze francesi
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circa 65.000 soldati
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200 cannoni di artiglieria
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la Grande Armée, seppur provata, resta la macchina militare più temibile dell’epoca
-
Napoleone ha con sé generali che sono leggende viventi: Davout, Augereau, Murat, Ney, Soult
Le posizioni attorno a Eylau sono instabili, fangose, esposte al vento.
Perfino l’avvicinamento al campo di battaglia è un’impresa disumana.
Primo Giorno: La Battaglia nella Tempesta
Il 7 febbraio iniziano i primi scontri.
È un prologo feroce: fanterie che si affrontano casa per casa, cimiteri trasformati in fortini, colpi di artiglieria che esplodono tra la neve gelata.
Nessuno prevale. Le perdite sono alte, gli uomini esausti, ma le linee restano pressoché immutate.
Quel giorno, come scriverà in seguito lo storico F. Loraine Petre⁴, “la neve fu un protagonista tanto quanto gli eserciti”.
8 Febbraio 1807: Il Giorno della Carneficina
All’alba la neve ricomincia a cadere con violenza.
Napoleone ordina a Davout di aggirare il fianco russo. L’idea è brillante, ma il terreno e il clima la rendono quasi irrealizzabile.
Davout avanza, ma ogni metro costa vite.
Intanto, al centro, accade il disastro.
Il Dramma di Augereau: La Divisione che Scompare nella Tormenta
La divisione del maresciallo Augereau si muove verso la posizione indicata dall’Imperatore.
Ma la tormenta è così fitta da far perdere completamente l’orientamento.
I soldati non vedono più nulla.
Gli ufficiali gridano ordini che si disperdono nel vento.
La colonna devia, si espone, si isola.
È l’attimo che Bennigsen aspettava.
L’artiglieria russa apre il fuoco.
La colonna viene falciata.
In meno di un’ora, Augereau perde quasi 7.000 uomini.
Storici come Alain Pigeard⁵ sottolineano come questo errore meteorologico — non tattico — abbia rischiato di costare a Napoleone la battaglia e forse la vita.
Il Fianco Destro Crolla: I Russi Arrivano Vicini a Napoleone
Il cedimento di Augereau lascia spalancata una breccia enorme nel fianco destro francese.
Le truppe di Bennigsen avanzano con decisione, come una marea scura nella neve.
Per un attimo, sembra che l’Imperatore possa essere addirittura accerchiato.
I rapporti dell’epoca riferiscono che alcuni ufficiali russi riuscirono a vedere chiaramente la figura di Napoleone tra la nebbia gelata.
È uno dei momenti più critici della sua carriera.
Napoleone comprende che senza un colpo di genio, senza un atto disperato, la Grande Armée è perduta.
La Carica di Murat: Ottanta Squadroni nell’Inferno Bianco
È qui che entra in scena Gioacchino Murat, re senza corona, cavaliere magnifico, probabilmente l’uomo più temerario dell’intera epoca.
Napoleone lo guarda e gli dice una frase che la leggenda ha consegnato ai secoli:
«Ci lascerai divorare da quella gente?»
Murat non esita.
Raduna 80 squadroni di cavalleria, compresi i corazzieri, gli chasseurs e i granatieri a cavallo.
I cavalli — molti requisiti ai Prussiani dopo Jena — sono robusti, veloci, perfetti per il terreno duro dell’inverno.
La carica inizia.
È immensa.
Un’onda di uomini e cavalli che avanza nella neve, in un fragore che sovrasta perfino l’artiglieria.
Uno dei più grandi storici del periodo, Michael Leggiere, definisce questa manovra “la più vasta carica di cavalleria della storia moderna”⁶.
I Russi vengono travolti, schiacciati, dispersi.
La cavalleria francese attraversa l’intero schieramento avversario, lo perfora, lo apre come una cesura nel ghiaccio.
Poi ritorna indietro.
E lo perfora di nuovo.
Murat compie tre cariche complete, un atto di follia e di eroismo allo stesso tempo.
È il momento decisivo della battaglia.
La Guardia Imperiale Scende in Campo
La situazione resta critica.
Per la prima volta in una battaglia di questa portata, Napoleone è costretto a impiegare la Guardia Imperiale, il suo corpo più prezioso, l’élite delle élite.
La loro avanzata verso il cimitero di Eylau è un gesto solenne, quasi rituale:
baionette brillanti, passi nella neve, silenzio rotto solo dal vento.
La Guardia respinge i Russi, ma la pressione resta enorme.
Gli uomini sono stanchi, feriti, fradici di neve e sangue.
L’Estocq e il Contrattacco Prussiano
Nel pomeriggio, accade ciò che Napoleone temeva:
arrivano i Prussiani del generale L’Estocq.
La loro manovra, rapida e imprevista, aggira le linee e colpisce il fianco destro di Davout, costringendolo a ritirarsi verso le posizioni iniziali.
Per un attimo tutto sembra precipitare di nuovo.
Ma l’arrivo del maresciallo Ney, con forze fresche, ristabilisce l’equilibrio.
Bennigsen, temendo un accerchiamento, ordina la ritirata.
Il Silenzio della Notte
Quando cala la notte, il campo di Eylau è un paesaggio irreale.
Secondo i resoconti, Napoleone camminò personalmente tra i cadaveri, ordinando che i feriti — francesi e russi — venissero soccorsi senza distinzione.
Un testimone oculare racconta che l’Imperatore, guardando il massacro, disse soltanto:
«Una vittoria come questa mi farebbe perdere la guerra.»
Le stime moderne parlano di:
-
25.000 morti o feriti francesi
-
20.000 morti o feriti russi
-
migliaia di dispersi
Un equilibrio di sangue che nessun comunicato ufficiale poté nascondere.
Eylau: Una Vittoria Senza Vincitori
Sia i francesi che i russi rivendicarono il successo, ma nessuno lo ottenne davvero.
Eylau fu uno stallo devastante, una battaglia in cui entrambi gli eserciti uscirono distrutti, e in cui Napoleone conobbe — per la prima volta — la sensazione della vulnerabilità.
Gli storici moderni concordano nel definirla:
-
una delle battaglie più sanguinose dell’età napoleonica
-
la prima vera “ombra” nella carriera dell’Imperatore
-
un monito sul potere del clima e del caso nella guerra
Da quel giorno, Napoleone cambiò il modo di percepire il conflitto.
E forse, da quel giorno, iniziò a intuire che la fortuna non sarebbe durata per sempre.
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Note e Fonti Consigliate
-
E. de Las Cases, Mémorial de Sainte-Hélène – ed. 1842, archivio digitale.
-
Dominic Lieven, Russia Against Napoleon (Penguin, 2010).
-
David G. Chandler, The Campaigns of Napoleon (1966).
-
F. Loraine Petre, Napoleon’s Campaign in Poland 1806–1807 (1901).
-
Alain Pigeard, La Grande Armée (2004).
-
Michael Leggiere, Napoleon’s 1812 Campaign (Cambridge University Press).



