giovedì, novembre 20, 2025

Napoleone a Brienne: come la scuola militare forgiò il genio del futuro Imperatore

Napoleone a Brienne: le radici di un genio – L’infanzia che forgiò l’Imperatore



Brienne


Quando si tenta di comprendere l’ascesa vertiginosa di Napoleone Bonaparte, è inevitabile tornare a un luogo apparentemente remoto, quasi periferico nella geografia dell’Europa moderna: la scuola militare di Brienne-le-Château, nell’Aube.
È lì – tra i lunghi viali alberati, le aule silenziose e i rigori di un’educazione impostata sull’antica disciplina dell’Ancien Régime – che prese forma il carattere di uno dei più grandi strateghi della storia.

Il 25 maggio 1779, accompagnato dal sacerdote Hamey d’Auberive, il piccolo Napoleone, non ancora dieci anni, attraversò il cancello monumentale del collegio: un ingresso che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nella sua memoria. Ad accoglierlo, il superiore padre Leleu, figura severa ma capace di intuire il talento dei giovani convittori.

Non era un bambino come gli altri. E non lo sarebbe mai diventato.


Un giovane straniero nella Francia di Luigi XVI

Napoleone arrivava dalla Corsica, da pochi anni annessa alla monarchia francese. La famiglia Bonaparte conservava ancora modi e tradizioni italiane. Il piccolo Napoleone parlava italiano e corso, ma quasi nulla di francese. Per questo, prima di Brienne, fu mandando a Autun, in un collegio dove avrebbe imparato i rudimenti della lingua.
Vi soggiornò presso la casa del capitano Jean-Baptiste Lazare de Champeaux, in rue Jondot: un ambiente austero, dove però il giovane isolano mostrò immediatamente una rapidità di apprendimento fuori dal comune.

Il francese che portò con sé a Brienne era imperfetto, duro, spezzato. Ma era sufficiente a fargli comprendere la distanza che lo separava da quegli aristocratici francesi che costituivano la maggioranza degli allievi.

Gli altri ragazzi lo accolsero con freddezza: il suo nome “strano”, l’accento marcato, il vestiario modesto, tutto in lui diceva diverso.
Il futuro Imperatore reagì chiudendosi in se stesso. Uno dei compagni lo descrisse così:

“Oscuro e anche feroce, quasi sempre rinchiuso in sé, come se fosse appena uscito da una foresta.”
Testimonianza anonima, riportata da Bourrienne

L’immagine è eccessiva, forse ingiusta, ma restituisce il senso di isolamento che lo accompagnò durante i primi anni.


Solitudine, letture e il piccolo giardino segreto

Grazie alla benevolenza di padre Berton, Napoleone ottenne un minuscolo giardino dove potersi ritirare. In quel rifugio – lontano dagli scherzi dei compagni – prese forma l’abitudine alla meditazione solitaria che avrebbe poi caratterizzato il comandante Bonaparte.

Le principali testimonianze su quegli anni vengono dall’unico vero amico del giovane Napoleone: Louis-Antoine Fauvelet de Bourrienne, compagno di studi e poi suo segretario.
Da lui sappiamo che il giovane corso mostrava una volontà ferrea di apprendere. Studiava francese con monsieur Dupuis, ma soprattutto si distingueva in matematica.

Bourrienne ricorda:

“Era senza rivali nella scuola. Gli scambiavo i problemi da risolvere e lui trovava la soluzione con una facilità che mi stupiva ogni volta.”

Un’altra fonte preziosa è C.H. English, che conferma:

“Il suo ardore nasceva dalla lettura delle vite degli uomini illustri. La matematica, la fortificazione e soprattutto la storia occupavano ogni suo momento.”

Anche nella lettura, Napoleone sceglieva temi che avrebbero anticipato la sua futura vocazione: vite di grandi generali, storia dell’antichità, ingegneria militare.


La povertà e l’orgoglio: la lettera del 1781

Brienne non fu solo un luogo di studio, ma anche il luogo dove Napoleone imparò uno dei drammi della sua giovinezza: la dolorosa consapevolezza della povertà familiare.

Nella celebre lettera al padre del 1781 – una delle sue prime testimonianze personali – scrive:

“Sono stanco di ostentare la povertà e di vedere il sorriso di certi giovani insolenti che hanno su di me solo la loro fortuna.”

Parole dure, che mostrano quanto la disuguaglianza sociale lo abbia segnato. È in quel contesto che maturò un tratto che non lo avrebbe più abbandonato: la determinazione a primeggiare nonostante tutto.


Le prime prove di comando

Brienne era una scuola militare e, come tale, organizzava gli allievi in “battaglioni” e “compagnie”. I padri sceglievano i capi. A Napoleone – ancora piccolo, isolato, taciturno – fu assegnato il grado di capitano.

I compagni protestarono: secondo loro Bonaparte aveva un carattere troppo aspro per comandare.

Il giovane corso fu destituito.
E accettò la decisione senza reagire, senza mostrare rabbia.

Ma la sua rivincita arrivò poco dopo, in un inverno rigidissimo.
La neve riempì il giardino della scuola: i ragazzi erano costretti a rimanere al chiuso. Fu Napoleone a proporre di sgomberare la neve, costruire trincee, alzare parapetti, organizzare un assedio simulato.
Il gioco durò quindici giorni: fu lui a idearlo, gestirlo, guidarlo.

Per la prima volta, il suo talento cominciò a brillare agli occhi degli altri.


Il giudizio degli ispettori: una promessa di gloria

Nel 1783 arriva l’ispettore M. de Kéralio. Nel suo rapporto scrive:

“Di buona costituzione… carattere remissivo… eccelle nelle matematiche… sarà un ottimo marinaio.”

È curioso leggere “remissivo” riferito a Napoleone: segno che la sua ribellione non era ancora emersa nella sua forma più energica.
L’anno dopo, però, la sua valutazione definitiva arriva da Reynaud des Monts, incaricato di scegliere gli allievi per la prestigiosa École Militaire di Parigi, fondata da Luigi XV su richiesta della marchesa de Pompadour.

Bonaparte ha quindici anni.
È scelto tra i migliori cinque della scuola.

Il 17 ottobre 1784, accompagnato dal fedele padre Berton, lascia Brienne per entrare nel cuore della formazione militare francese.

Sarà l’ultimo passo prima dell’inizio di una carriera che lo porterà a cambiare per sempre il volto dell’Europa.


Perché Brienne fu decisiva

Gli storici concordano su un punto: a Brienne si formarono i tratti fondamentali del futuro Imperatore.

  1. La resilienza: la capacità di sopportare solitudine e scherno.

  2. La disciplina mentale: ore di matematica, storia e fortificazioni.

  3. L’immaginazione strategica: il “gioco della neve” è un embrione del suo genio tattico.

  4. L’orgoglio sociale: la povertà come motore di riscatto.

  5. La vocazione militare: limpida, precoce e irresistibile.

Come scrive Jean Tulard – uno dei maggiori biografi napoleonici – il periodo di Brienne è l’“anticamera dell’aquila”, il luogo dove “il giovane Bonaparte comprende che la via delle armi è il suo destino naturale”.


Fonti e letture consigliate


Invito al mio canale YouTube “Napoleone1769”

Se ami approfondire la vita di Napoleone con ricostruzioni storiche, video narrati e analisi degli episodi meno conosciuti, visita il mio canale:

👉 https://www.youtube.com/@Napoleone1769

Troverai documentari, shorts, ricostruzioni, battaglie spiegate e molte curiosità.

Nessun commento: