Napoleone e il popolo, un rapporto difficile.
Napoleone fu uomo del popolo, nel senso che divenne uno degli uomini più potenti che la Storia ricordi, provenendo da una famiglia che aveva sì qualche origine nobiliare, ma che in fondo si può definire popolare.
Napoleone fu uomo del popolo anche perché riuscì a farsi amare dalle fasce meno abbienti, da quelle socialmente più in basso.
Il popolo si riconosceva nel "Piccolo Caporale", ne ammirava il coraggio, ma soprattutto apprezzava il modo in cui era riuscito a conquistarsi il potere. In questo Napoleone rappresentava in tutto e per tutto un uomo della Rivoluzione.
Il merito, l'abilità personale potevano consentire a tutti di elevarsi, non c'erano più le gabbie delle classi sociali a imprigionare i talenti. Per Bonaparte dei tre motti simboli della Rivoluzione: "Fraternité, Liberté, Egalité", teneva in considerazione principalmente quest'ultimo.
Era l'eguaglianza il principio su cui si fondava il suo pensiero. Quella eguaglianza che poteva consentire a un soldato di diventare Maresciallo e a lui stesso di divenire Imperatore.
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Napoleone fu uomo del popolo anche perché riuscì a farsi amare dalle fasce meno abbienti, da quelle socialmente più in basso.
Il popolo si riconosceva nel "Piccolo Caporale", ne ammirava il coraggio, ma soprattutto apprezzava il modo in cui era riuscito a conquistarsi il potere. In questo Napoleone rappresentava in tutto e per tutto un uomo della Rivoluzione.
Il merito, l'abilità personale potevano consentire a tutti di elevarsi, non c'erano più le gabbie delle classi sociali a imprigionare i talenti. Per Bonaparte dei tre motti simboli della Rivoluzione: "Fraternité, Liberté, Egalité", teneva in considerazione principalmente quest'ultimo.
Era l'eguaglianza il principio su cui si fondava il suo pensiero. Quella eguaglianza che poteva consentire a un soldato di diventare Maresciallo e a lui stesso di divenire Imperatore.
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Napoleone era uomo del popolo, ma temeva gli eccessi delle masse.
Ecco una testimonianza diretta.
Siamo al 20 giugno del 1792, Napoleone è spettatore dell'assalto alle Tuileries da parte dei Parigini.
Ecco il suo resoconto:
"Suvvia, come si è potuto permettere che entrasse questa canaglia? Bisognava accopparne quattro o cinquecento con il cannone e il resto sarebbe fuggito.
Sette, ottomila uomini armati di picche, di asce, di spade, di fucili, di spiedi e di bastoni si sono diretti verso l'Assemblea per portarvi una petizione.
Poi, invece si sono recati dal re (Luigi XVI).
I giardini delle Tuileries erano chiusi e protetti da 1500 guardie nazionali. I dimostranti hanno abbattuto le porte, sono entrati nel palazzo e hanno puntato i cannoni contro l'appartamento del Re.
Dopo avere abbattuto quattro porte hanno presentato al Re una bianca e l'altra col tricolore.
"Scegli dunque" gli hanno detto "se vuoi regnare qui o a Coblenza" Il Re si è mostrato conciliante e ha indossato il berretto rosso.
Quando mi hanno detto ciò ho capito che il regno di Luigi XVI era finito, perché non ci si risolleva dalle umiliazioni."
Siamo al 20 giugno del 1792, Napoleone è spettatore dell'assalto alle Tuileries da parte dei Parigini.
Ecco il suo resoconto:
"Suvvia, come si è potuto permettere che entrasse questa canaglia? Bisognava accopparne quattro o cinquecento con il cannone e il resto sarebbe fuggito.
Sette, ottomila uomini armati di picche, di asce, di spade, di fucili, di spiedi e di bastoni si sono diretti verso l'Assemblea per portarvi una petizione.
Poi, invece si sono recati dal re (Luigi XVI).
I giardini delle Tuileries erano chiusi e protetti da 1500 guardie nazionali. I dimostranti hanno abbattuto le porte, sono entrati nel palazzo e hanno puntato i cannoni contro l'appartamento del Re.
Dopo avere abbattuto quattro porte hanno presentato al Re una bianca e l'altra col tricolore.
"Scegli dunque" gli hanno detto "se vuoi regnare qui o a Coblenza" Il Re si è mostrato conciliante e ha indossato il berretto rosso.
Quando mi hanno detto ciò ho capito che il regno di Luigi XVI era finito, perché non ci si risolleva dalle umiliazioni."
L'episodio, però che colpisce di più Napoleone è quello del 10 agosto 1792.
" Al suono delle campane a martello e alla notizia che si dava l'assalto alle Tuileries, corsi al Carrousel.
Prima di arrivare mi imbattei in un gruppo di uomini repellenti, che portavano una testa in cima a una picca.
Trovando che avevo l'aria di un Signore, pretesero che gridassi
Prima di arrivare mi imbattei in un gruppo di uomini repellenti, che portavano una testa in cima a una picca.
Trovando che avevo l'aria di un Signore, pretesero che gridassi
"Viva la Nazione"
Cosa che feci senza nessuna fatica come ben si può immaginare,
Dopo la vittoria dei Marsigliesi, ne vidi uno in procinto di uccidere una guardia del corpo.
Gli dissi:
- " Uomo del Mezzogiorno risparmiamo questo poveretto?".
- "Sei del Mezzogiorno?"
- "Sì"
- "Allora risparmiamolo"
Se Luigi XVI si fosse mostrato a cavallo, la vittoria sarebbe stata sua."
Da queste due testimonianze ben si comprende l'atteggiamento di Napoleone nei confronti degli eccessi popolari.
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Bonaparte è dalla parte dell'ordine costituito. Probabilmente in questo suo modo di pensare, grande importanza è da attribuire ala sua formazione di soldato. C'è, infatti da ricordare che egli fin dalla più tenera età fu educato seguendo la rigida disciplina militare, Già all'età di 9 anni, egli entrò alla scuola militare di Brienne e da quel momento fu un soldato nel corpo e nell'anima.
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L'ordine sociale era per Napoleone, poi diretta conseguenza del suo ordine mentale. Bonaparte, infatti era un grande appassionato di matematica ( gli si attribuisce anche un teorema di geometria, quello che per l'appunto viene definito, il teorema di Napoleone).
L'Imperatore era anche un bravo giocatore di scacchi, altro gioco in cui la logica e l'ordine la fanno da padrone.
Conclusioni
Napoleone uomo del popolo, eletto del popolo, amato dal popolo, non ricambiò mai completamente questo sentimento.
Egli non credeva nel governo dei molti, pensava che le masse dovessero essere guidate dai migliori. Anche quando una rivolta popolare gli poteva salvare il trono, quando nel 1814 una sollevazione gli avrebbe consentito di rimanere a capo della nazione preferì l'abdicazione e poi l'esilio all'Elba.
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